Uno spettro molto visibile

Uno spettro molto visibile

Spesso e volentieri si sente parlare di "radiazione elettromagnetica". Ancor più spesso questi termini vengono utilizzati nel modo sbagliato, per descrivere qualcosa di terribile o di dannoso quando in realtà, magari, di dannoso non c'è proprio nulla. 

Vogliamo quindi fare un po' di chiarezza sul concetto di radiazione elettromagnetica ed elencare qualche esempio di onde elettromagnetiche che utilizziamo tutti i giorni.

Ma perché prima parlavo di radiazione e poi ho detto onde? Abbiate pazienza qualche istante, il prossimo passaggio potrebbe essere un po' complicato, ma prometto che poi tutto tornerà più semplice. La radiazione è un modo che ha l'energia di muoversi nello spazio. Elettromagnetico vuol dire che un campo elettrico ed uno magnetico sono accoppiati, ovvero si muovono insieme. La radiazione elettromagnetica è infatti composta da un campo elettrico ed uno magnetico che si propagano come un'onda, oscillando in modo da aumentare e diminuire la loro ampiezza nel tempo con un andamento sinusoidale. Per questo si può dire radiazione o onda elettromagnetica: la prima parola indica che si ha un trasporto di energia; la seconda dice il modo in cui questa energia si propaga nello spazio.

Un'onda elettromagnetica. Il campo elettrico è rosso, mentre il campo magnetico è blu.

Attenzione, il rosso ed il blu che vedete nell'immagine non sono degli oggetti solidi o tangibili: sono una rappresentazione grafica di un concetto astratto, quello di campo. Questo dice, più o meno, che si ha un campo se ad ogni punto dello spazio si può associare un determinato valore di una grandezza fisica. In questo caso la forze elettrica e magnetica. Se non avete capito non è un problema: è un concetto matematico abbastanza complesso e che non è determinante per quello che sto per dire. Tenete presente solo questo: la radiazione elettromagnetica si può rappresentare come un'onda.

Come tutte le onde anche quelle elettromagnetiche hanno una loro frequenza, che è il numero di oscillazioni compiute in un secondo, che si misura in Hertz (Hz). Più è alta la frequenza, più è alta l'energia trasportata dall'onda elettromagnetica. Un'altra caratteristica è la lunghezza d'onda, che è la distanza tra due punti alla stessa altezza (per esempio, tra i punti di massimo), o la distanza che percorre un'onda prima di completare un'oscillazione. La lunghezza d'onda si misura in metri ed è inversamente proporzionale alla frequenza, quindi più è lunga un'onda, meno energia trasporta.

Si possono quindi associare ad ogni radiazione frequenza e lunghezza d'onda, che determinano la quantità di energia trasportata.

Mettendo in fila tutte le quantità di energia trasportate si forma quello che si chiama spettro elettromagnetico, che mostra i diversi tipi di radiazione ordinati secondo la lunghezza d'onda o la frequenza. Eccolo:


 In questa bella immagine tratta dal sito dell'ESA vediamo rappresentato lo spettro elettromagnetico. Come si nota, cose che sembrano molto diverse come le onde radio e la luce visibile, sono in realtà molto più simili di quanto si pensi. Sono lo stesso fenomeno, ma che trasporta diverse quantità di energia. 

Adesso procederò ad un'analisi della figura, partendo da sinistra. Man mano che procederemo verso destra aumenterà gradualmente la quantità di energia trasportata dall'onda. Ricordatevi, sto classificando per energia crescente, quindi per lunghezza d'onda decrescente!

La prima cosa che incontriamo sono le onde radio. Queste hanno una lunghezza d'onda che va da qualche decina di centimetri a svariate centinaia di chilometri. Per esempio, le radio FM funzionano con lunghezze d'onda comprese tra i 1 e 10 metri; i router Wi-Fi invece utilizzano onde radio con lunghezze d'onda comprese tra 1 metro e 1 centimetro. Quando sentite la radio in auto, la sintonizzate sulla sua frequenza: se ascoltate per esempio RTL 102.5, quel 102.5 è la frequenza dell'onda radio in MegaHertz (milioni di Hertz). Questo vuol dire che il segnale che trasmette RTL oscilla 102.5 milioni di volte in un secondo e ha una lunghezza d'onda di circa 3 metri.

Aumentando un po' l'energia si entra nel regno delle microonde. La loro lunghezza va da qualche centimetro a qualche millimetro. Le microonde si utilizzano per cuocere il cibo, perché sono in grado, interagendo con le molecole d'acqua, di agitarle. L'agitarsi di tante molecole provoca collisioni che dissipano calore, scaldando l'ambiente. Alcuni telefoni cellulari lavorano con le microonde, ed è questo il motivo per cui qualche anno fa si parlava spesso di possibili danni alla salute derivati dall'uso intensivo dei telefonini.

Aumentiamo ancora l'energia, ed arriviamo ai raggi infrarossi (IR). Questa è una delle regioni più vaste dello spettro elettromagnetico, che si estende da circa 1 millimetro a circa 700 nanometri (miliardesimi di metro). Si utilizzano raggi infrarossi nelle telecomunicazioni, li trovate nei telecomandi delle TV e nei visori notturni. I raggi infrarossi sono un metodo di dissipazione del calore da parte dei corpi: un visore che li riesca a catturare è in grado di offrire la possibilità di far vedere differenze di temperatura: abbiamo creato una termocamera!

Una termocamera è in grado di correlare la quantità di IR rilevati alla temperatura di un corpo.

Dopo questo enorme territorio degli infrarossi, appare un piccolissimo scorcio a noi molto familiare: va da circa 700 a circa 400 nanometri, ed è la zona della luce visibile. Questa ha bisogno di poche spiegazioni, è colei che ci permette di vedere e di capire il mondo. La luce visibile ha un colore diverso a seconda della lunghezza d'onda, e quindi dell'energia trasportata. La meno energetica è il rosso, la più energetica è il violetto. In mezzo ci stanno arancione, giallo, verde e blu. Tutte combinate insieme danno il bianco, come ricorda The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd. Ma di questo parleremo un'altra volta.

La luce bianca viene scomposta in tutti i colori. Tutti i colori compongono il bianco.
(Questo album è un capolavoro, ascoltatelo!)

Oltre il violetto si arriva in una nuova zona, che manco a dirlo si chiama ultravioletto! Sono onde con una lunghezza che va da 400 nanometri fino a 10 nanometri. Alcuni raggi ultravioletti (o UV) sono dannosi per le molecole organiche, come quelle della pelle e il DNA. La crema solare è composta da molecole che assorbono fortemente la radiazione UV in modo da non farla assorbire dalla pelle, che subirebbe altrimenti dei danni. Per lo stesso motivo, la radiazione UV si usa anche come antibatterico e sterilizzante. La trovate tuttavia anche in discoteca, nelle lampade che fanno brillare i vestiti e i pezzi di plastica. 

Loro sono bombardati da raggi UV e se la spassano.

Saliamo ancora con l'energia! Si arriva in una zona dove la lunghezza d'onda è veramente piccola, comparabile con le dimensioni di un atomo! Si parla di raggi X, che hanno una lunghezza d'onda compresa tra 10 e 0.01 nanometri (cioè fino a un centesimo di un miliardesimo di metro). Si utilizzano nelle radiografie, perché attraversano la materia molle ma vengono fermati da quella dura, come le ossa. 

E siamo giunti alla fine, con le onde elettromagnetiche più energetiche di tutti, i raggi gamma: sono onde mostruosamente energetiche, che derivano, tra le altre cose, dalle esplosioni delle stelle! Alcune forme meno dannose sono utilizzate per esami diagnostici, come la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET), o per trattamenti come la radioterapia (probabilmente chiamata così perché meno spaventosa). La loro lunghezza d'onda è talmente piccola da essere paragonabile con le dimensioni delle particelle subatomiche e la loro frequenza è così alta che compiono miliardi di miliardi di miliardi di oscillazioni al secondo!

Siamo arrivati alla fine di questo piccolo viaggio nello spettro elettromagnetico. Trovo molto interessante come lo stesso meccanismo, l'oscillazione di un'onda, possa determinare tanti fenomeni diversi. L'unica cosa che cambia è la frequenza di oscillazione dell'onda: potrebbe sembrare poco ma non lo è, ha un effetto enorme sulla natura delle cose, sulla tecnologia e sulla nostra capacità di studiare e di capire il nostro mondo. 

Spero di essere stato chiaro, per qualunque dubbio o domanda non esitate a commentare o a contattarci!

Consigli per lo scaffale: Neutrino

Titolo: Neutrino
Autore: Frank Close
Anno: 2010
Editore: Raffaello Cortina

"Se si possono eseguire misurazioni sufficientemente precise, si ha la possibilità di scoprire qualcosa di importante. La storia dell'astronomia mostra che, con tutta probabilità, ciò che si scopre non sarà, infine, quello che si stava cercando"
- John Bahcall

Iniziamo questa rubrica periodica di proposte di lettura scientifica prendendo la palla al balzo dal recente Nobel per la Fisica, per il quale vi rimando al nostro articolo qui. Il primo libro che vi proponiamo è tutto a riguardo della particella più in voga del momento, il neutrino. Scritto da Frank Close, professore di fisica delle particelle presso l'Università di Oxford e noto divulgatore scientifico sin dai primi anni '80, racconta con incredibile semplicità le vicende riguardo una delle ricerche più faticose nella storia della fisica, rievocando un gran numero di aneddoti - come la cassa di champagne che Pauli aveva messo in palio per chi fosse riuscito a trovarlo - e ricordando quanti scienziati e persone si siano succedute, nel corso di più di mezzo secolo, alla ricerca di questa evanescente particella.
La parte forse più affascinante di tutto il libro è come gli stessi neutrini siano connessi con una scoperta totalmente diversa e che ha a che fare con la storia del Sole. Il problema dei neutrini solari, risolto dai recenti laureati Nobel, è derivato proprio dalla comprensione di come le stelle riescano a generare così tanta energia per milioni e milioni di anni. Le reazioni di fusione nucleare che avvengono nel Sole, infatti, creano una quantità impressionane di neutrini che bombardano ogni secondo, senza farsi sentire troppo, l'intero pianeta. Aver quindi iniziato la ricerca di questa particella ha svelato la risposta ad una domanda che ha lasciato per molto tempo sconcertati gli scienziati.
Tutta la scienza non è che questo organismo formato da diverse discipline che si connette e porta a strani collegamenti che riescono a far luce su domande ancora irrisolte o portare ad nuovi e avvincenti quesiti che mantengono attiva e florida la ricerca della conoscenza.




Vedere gli atomi

Avete mai sentito dire la frase "gli atomi esistono, ma nessuno li ha mai visti"? La realtà, invece, è che qualcuno ci è riuscito.

Quelle sfere impaccate visibili nella foto sono proprio loro! L'immagine è la prima foto con risoluzione atomica - datata 1982 - di un piccolo agglomerato di atomi di oro, con una grandezza di circa 2.5 nanometri (un nanometro equivale a un miliardesimo di metro). Giusto per rendere meglio l'idea pensate che lungo il diametro di un capello si potrebbero allineare più di 2000 di queste nanoparticelle, mentre la grandezza di un atomo è nell'ordine degli Ångström (pari a 0.1 nanometro). Sono stati realizzati addirittura filmati di processi su scala atomica, ad esempio il movimento di atomi su una superficie come nel video qui sotto.

Ma com'è stato possibile arrivare a ottenere queste immagini?
La risposta può sembrare difficile, ma non è altro che utilizzando un microscopio, o meglio un microscopio elettronico.
Esistono tre modi attraverso i quali si può ottenere l'ingrandimento di un immagine:
  • La proiezione, il principio del cinema, nella quale un'immagine viene posta davanti a una sorgente luminosa e la sua, appunto, proiezione viene raccolta su di uno schermo.
  • L'uso di lenti, che è invece il principio del classico microscopio ottico, dove il loro uso permette di ottenere un ingrandimento seguendo le leggi dell'ottica classica.
  • Infine un metodo di scansione, nel quale una punta stimola una risposta dal materiale e si procede facendo una scansione - pixel dopo pixel - per ottenere l'immagine.
Alta risoluzione
Bassa risoluzione
Un altro aspetto da tenere conto è poi la risoluzione, fisicamente definita come la minima distanza per cui due punti possono essere distinti come due entità diverse nell'immagine. Per rendere meglio l'idea prendiamo ad esempio due foto (qui a fianco), che nell'era digitale sono composte da pixel - semplicemente dei quadrati - e sono tali per cui maggiore è il numero dei pixel, maggiore è la risoluzione. Quelle qui a fianco sono due foto dello stesso oggetto: la foto a destra però contiene un numero di pixel centinaia di volte maggiore dell'altra. Soltanto aumentando il numero dei pixel si può vedere che in realtà, più che essere un confuso miscuglio grigio, l'oggetto è composto da diversi quadrati. Questi quadrati poi non sono altro che altre nanoparticelle ma, confrontandoli con la prima foto, sono rappresentati ad una risoluzione non ancora sufficiente a distinguere il singolo atomo. L'unico modo per andare a vedere gli atomi è allora continuare in questo senso aumentando la risoluzione; non volendo mettere equazioni per spiegarlo, sappiate che è determinata dalla lunghezza d'onda della sonda che stiamo usando per creare l'immagine (qui trovate il perché). 

Nel microscopio ottico noi usiamo la luce visibile - che ha lunghezza d'onda compresa tra i 400 e i 700 nanometri - la quale non permette di risolvere punti più vicini di qualche centinaio di nanometri, dunque troppo per anche solo poter vedere le particelle che abbiamo fin qui descritto, ma più che sufficiente per poter osservare la singola cellula. L'idea è quindi di avere una sonda con lunghezza d'onda ancor più piccola e per questo sono stati scelti gli elettroni, la cui applicazione in un microscopio è iniziata nel lontano 1918. In base alla loro energia, che dal dualismo onda-particella della meccanica quantistica è legata alla lunghezza d'onda, si potrebbe arrivare a risoluzioni addirittura subatomiche che purtroppo non si riescono ancora a raggiungere a causa delle aberrazioni. Queste sono semplicemente una serie di fenomeni che anche gli appassionati di fotografia conoscono e che, soprattutto, sono la causa di quei problemi di astigmatismo e miopia che affliggono gli occhi (spero non anche i vostri...). È stato solo grazie ad una continua ricerca e innovazione tecnologica che nel giro di qualche decennio siamo arrivati a poter vedere quello che sin dagli antichi greci è stato teorizzato, ma mai visto con occhio umano. 

La risoluzione atomica è raggiunta principalmente usando il cosiddetto microscopio elettronico a trasmissione (TEM) nel quale un fascio di elettroni penetra un sottile strato di materiale per ottenere un'immagine dall'altra parte del campione. Simili risoluzioni si possono raggiungere anche con il terzo metodo che abbiamo descritto sopra, ed è comunemente usato in due altri microscopi: il microscopio a scansione tunnel, e il microscopio a forza atomica.
In questi due strumenti una sottilissima punta, che idealmente dovrebbe terminare con un singolo atomo, misura, rispettivamente, una corrente o una forza che si instaura tra la punta e il materiale che vogliamo vedere. Incredibilmente si è riusciti a spingersi fino alla possibilità di isolare e vedere le singole molecole. Questo grandioso risultato è stato raggiunto dalla Università della California, Berkeley pochi anni fa. I ricercatori di Berkeley per primi sono riusciti a vedere ed isolare una molecola prima e dopo una reazione chimica, in un certo senso dando ai pionieri da chimica della fine dell'ottocento la conferma che le rappresentazioni che vediamo raffigurate su ogni libro di chimica, dedotte in un tempo che era tecnologicamente la preistoria per quello che abbiamo oggi, sono la reale interpretazione di come gli atomi si dispongano per formare molecole.


La vera domanda ora è chissà quanto in là ci si potrà spingere nei prossimi anni...


 Fonte immagine [1] [2], video [1]

Il Nobel e il Poltergeist


Ieri è stato conferito il Nobel per la Fisica a Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald, i quali hanno lavorato su due dei più importanti esperimenti che hanno portato alla conferma delle oscillazioni dei neutrini.

Se quello che è stato appena scritto non ha praticamente nessun senso per voi che leggete allora cerchiamo di fare un po' di chiarezza.
Innanzitutto il neutrino è una particella subatomica elementare che fa parte del Modello Standard, la teoria in ambito della fisica delle particelle che al momento rappresenta la migliore spiegazione del nostro universo e di tutte le forze (eccetto la gravità) ed interazioni che in esso accadono. Raccoglie tutte le particelle elementari fin ora conosciute, con illustre ultimo arrivato il noto bosone di Higgs.

Particelle del Modello Standard, i neutrini sono identificati con la lettera greca ʋ

Praticamente, il neutrino è un parente molto stretto dell'elettrone e può presentarsi in tre, cosiddetti, "sapori": elettronico, muonico e tauonico. Questi ultimi derivano dai fratelli più pesanti dell'elettrone, il muone e il tauone, i quali condividono la caratteristica di avere una carica elettrica unitaria negativa, mentre per il neutrino la carica è nulla, e sono semplicemente pià massivi. La loro scoperta, avvenuta però dopo la prova sperimentale dell'esistenza dei neutrini, ha portato con se anche i nuovi sapori.
La teorizzazione del neutrino arriva nel 1930 dal fisico austriaco Wolfgang Pauli che dopo aver dato alcune basi della meccanica quantistica - come il principio di esclusione - propose l'esistenza di questa particella in un disperato tentativo di spiegare la conservazione dell'energia nel decadimento beta, un tipo di decadimento dei nuclei atomici. 
L'idea di Pauli che dell'energia mancante venisse portata via da una particella elettricamente neutra, poco interagente con la materia e con una massa piccolissima era per lui stesso un problema, pensava di aver teorizzato qualcosa che non si sarebbe mai potuto trovare!
Un altro grande della fisica come Enrico Fermi inserì questa particella all'interno di una teoria del decadimento beta e gli diede il nome di neutrino, italianizzando il nome del neutrone per la identica mancanza di carica e usando quel suffisso, -ino, invariato anche nella lingua inglese, che ne conferisce la piccolezza rispetto la massa.

La verifica sperimentale dell'esistenza del neutrino avviene soltanto nel 1956 per merito di Clyde Cowan e Frederick Reines. In quel periodo si poteva svolgere la ricerca sui neutrini emessi dai decadimenti nei reattori nucleari che ne producevano in grandissima quantità, 10000 miliardi al secondo per centimetro quadrato!  
Giusto per dare un'idea dei numeri, centinaia di miliardi di neutrini prodotti dalle reazioni nucleari nel Sole passano ogni secondo attraverso il bulbo dei nostri occhi, procedono attraverso la terra e continuano imperterriti a viaggiare nello spazio più profondo senza riuscire ad interagire praticamente con nulla. Nello stesso tempo circa 5000 neutrini sono rilasciati dai decadimenti del potassio contenuto nel nostro corpo. In pratica i neutrini sono davvero ovunque, inoltre servirebbe un blocco di piombo spesso un anno luce per bloccarne la metà di quelli che lo attraversano. Un bel guaio per chi è deciso a trovarli sperimentalmente! Tanto che Cowan e Reines chiamarono il loro primo rivelatore Progetto Poltergeist, proprio per l'apparente elusività del neutrino.

Benché scoraggiante, c'è la possibilità sperimentale di rivelarli attraverso le loro rarissime interazioni con la materia. Si iniziarono a costruire rilevatori con vasche da migliaia di litri di materiale, per sopperire alla grande capacità di penetrazione dei neutrini, e li si spostarono sotto terra in modo da schermarli dai raggi cosmici.
Nonostante questi esperimenti c'era ancora qualcosa che non tornava: i calcoli teorici suggerivano che il Sole avrebbe dovuto generare una certa quantità di neutrini, i dati sperimentali però non erano in accordo, fino a due terzi di quei valori mancavano all'appello. 
Questo implicava che doveva esserci un errore nella teoria oppure nell'apparato strumentale, sebbene per quest'ultimo sarebbe stato più probabile rilevare più neutrini del previsto (e non meno), vista la loro quasi ubiquità.
Una possibilità che venne considerata era che i neutrini possano cambare sapore, ovvero oscillare, fenomeno teorizzato per primo dall'italiano Bruno Pontecorvo, e che non possano quindi essere rilevati negli esperimenti Passarono anni prima che i nostri due freschi premi Nobel portassero la conferma sperimentale a questa congettura, aspettando un innovazione tecnologica per migliorare la qualità del rilevatore e andando a cercare le differenze sperimentali nella relazione tra i vari sapori di neutrino.

Come abbiamo accennato il lavoro è stato svolto da due diversi gruppi, quello di Kajita al Super-Kamiokande diventato operativo nel 1996 in una miniera di zinco a 250 km da Tokyo, e quello di McDonald al Sudbury Neutrino Observatory, costruito nel 1999 in una miniera di nickel nell'Ontario.
Nel rilevatore giapponese, costruito 1000 metri sotto terra e contenente 50000 tonnellate di acqua, vennero montati dei rilevatori di luce intorno alla vasca per amplificare la debolissima luce che si generava dall'interazione dei neutrini con la materia.
Una piccolissima percentuale di neutrini infatti può collidere con un nucleo atomico o un elettrone dell'acqua, generando delle particelle cariche (elettroni o muoni) che sviluppano una fievole luce blu, chiamata luce Cherenkov. Questa luce nasce da particelle che viaggiano più veloci della luce in un mezzo (in questo caso l'acqua). (Attenzione: questo non va in contraddizione con la teoria di Einstein, che invece afferma che nulla può superare la velocità della luce, ma nel vuoto). Dunque andando a studiare forma e intensità di questa luce si può capire quale tipo di neutrino, e da dove, l'ha generata.
Al Super-Kamiokande si possono rivelare i neutrini muonici, sia quelli che si formano nello spazio sia quelli che attraversano, dall'altro lato, l'intera lunghezza della terra. Le due quantità dovrebbero essere uguali, ma si è osservato che non è così. I neutrini che passano attraverso la Terra interagiscono in qualche modo, in quanto sono in minor numero. Siccome il numero di neutrini elettronici è uguale a quello previsto dalla teoria, allora i neutrini muonici si devono essere trasformati nell'altro sapore, quello tauonico.
Schema del rivelatore Super-Kamiokande 
...e visto dall'interno.
Qui entra in gioco il Sudbury Neutrino Observatory nel quale, utilizzando l'acqua pesante (acqua con un neutrone in più del normale negli atomi di idrogeno), con alcune reazioni chimiche si possono identificare solo i neutrini elettronici e con altre quelli di altro sapore. Visto che dal Sole ci si aspetta soltanto neutrini elettronici, dalla differenza di queste due misure si può ricavare l'indizio che qualcosa è cambiato lungo i 150 milioni di chilometri percorsi nello spazio.

E quindi? 
Dopo tutta questa storia,  cosa ci interessa dell'aver capito che i neutrini oscillano? 
Innanzitutto, la presenza di oscillazioni richiede che il neutrino abbia massa, contrariamente a quello che c'è nel Modello Standard da cui siamo partiti! Purtroppo la spiegazione può arrivare solo dal mondo quantistico dove le particelle sono descritte anche come onde ma sono semplicemente differenti aspetti dello stesso fenomeno fisico.
L'oscillazione è dovuta al fatto che queste onde, nel nostro caso i tre sapori di neutrino, viaggiano inizialmente in fase e non è possibile distinguerle. A poco a poco le tre onde iniziano ad andare fuori fase proprio a causa delle piccolissime differenze di massa tra i vari sapori. L'oscillazione del neutrino è legata alla sua natura ondulatoria ma la possibilità di cambiare sapore può essere giustificata soltanto dalla presenza di una massa. Questa, seppur piccolissima e mai misurata, dà uno scossone alla fisica del nostro secolo in quanto rende incompleta la teoria che sta alla sua base.
Non si può dire altro che questo è proprio quello che fa felice un fisico, e più generalmente uno scienziato: evidenziare un problema in una teoria non vuol dire che questa sia da buttare, ma solo che forse ci siamo sentiti troppo sicuri di noi nello sperare che la ricerca della conoscenza si possa fermare così presto. Piuttosto vuol dire che ancora molti Nobel sono da consegnare, magari seguendo proprio quest'ultimo riconoscimento..